I
FIUMI (1916)
Mi
tengo a quest’albero mutilato
Abbandonato
in questa dolina
Che
ha il languore
Di
un circo
Prima
o dopo lo spettacolo
E
guardo
Il
passaggio quieto
Delle
nuvole sulla luna
Stamani
mi sono disteso
In
un’urna d’acqua
E
come una reliquia
Ho
riposato
L’Isonzo
scorrendo
Mi
levigava
Come
un suo sasso
Ho
tirato su
Le
mie quattro ossa
E
me ne sono andato
Come
un acrobata
Sull’acqua
Mi
sono accoccolato
Vicino
ai miei panni
Sudici
di guerra
E
come un beduino
Mi
sono chinato a ricevere
Il
sole
Questo
è l’Isonzo
E
qui meglio
Mi
sono riconosciuto
Una
docile fibra
Dell’universo
Il
mio supplizio
È
quando
Non
mi credo
In
armonia
Ma
quelle occulte
Mani
Che
m’intridono
Mi
regalano
La
rara
Felicità
Ho
ripassato
Le
epoche
Della
mia vita
Questi
sono
I
miei fiumi
Questo
è il Serchio
Al
quale hanno attinto
Duemil’anni
forse
Di
gente mia campagnola
E
mio padre e mia madre.
Questo
è il Nilo
Che
mi ha visto
Nascere
e crescere
E
ardere d’inconsapevolezza
Nelle
distese pianure
Questa
è la Senna
E
in quel suo torbido
Mi
sono rimescolato
E
mi sono conosciuto
Questi
sono i miei fiumi
Contati
nell’Isonzo
Questa
è la mia nostalgia
Che
in ognuno
Mi
traspare
Ora
ch’è notte
Che
la mia vita mi pare
Una
corolla
Di
tenebre
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