martedì 17 maggio 2016

Poe e il paradosso di Olbers

Scriveva Poe nel suo poema in prosa Eureka:

Se la successione delle stelle fosse infinita, lo sfondo del cielo avrebbe una luminosità uniforme, come quella della nostra Galassia – perché non potrebbe esserci assolutamente nessun punto, in tutto lo sfondo, privo di una stella. Il solo modo, perciò, in cui potremmo comprendere i vuoti osservati dai nostri telescopi in tutte le direzioni, sarebbe di supporre che la distanza dello sfondo è così grande che nessun raggio luminoso possa aver ancora avuto il tempo di raggiungerci.”

Ci aveva visto lungo, mi viene da dire, il buon Edgar riguardo il paradosso di Olbers. In Eureka scriveva che "l'universo ha un'origine nel passato e che è in evoluzione.", un'idea pionieristica, quasi assurda per quell'epoca (metà dell'Ottocento), ma forse corretta.
Ma cos'è il paradosso di Olbers? In parole semplici, è la risposta alla domanda: Perché il cielo notturno è buio?
Se l'universo è pieno di stelle e galassie, per quale motivo la luce proveniente da queste non si somma, rendendo il firmamento sempre luminoso?
Se l'universo, lo spazio, fosse infinitamente grande e fosse sempre esistito, ci aspetteremmo che il cielo notturno sia chiaro, perché sarebbe illuminato dalla luce di tutte queste stelle/galassie. In ogni direzione tu, io, noi guardassimo nello spazio, troveremmo una stella. Invece no; per esperienza sappiamo che lo spazio è scuro.
Nel corso degli anni molti scienziati hanno proposto la loro soluzione; la teoria più accreditata è che l'universo ha un'età finita (intorno ai 15 miliardi di anni) per cui noi possiamo vedere solamente la luce delle stelle/galassie/ammassi che si trovano a meno di 15 miliardi di anni da noi perché la loro luce non ha ancora fatto in tempo a raggiungerci e quindi non può ancora illuminare il "nostro" cielo. La luce, in fin dei conti, ha comunque una velocità finita.
Altra teoria prodotta nel 1929 da Edwin Hubble: l'universo si sta espandendo. Se si espande, quindi, miliardi di anni fa era molto meno esteso di oggi; ergo, più le stelle, le galassie, si espandono, più "fuggono" dal nostro punto di osservazione.
Poe, quasi cento anni prima della formulazione di queste teorie, si era (forse) avvicinato alla soluzione. 
Motivo in più per apprezzare questo genio assoluto della letteratura mondiale.






venerdì 13 maggio 2016

Flash Fiction

La microstoria è un genere letterario caratterizzato dall'estrema brevità. E' un genere abbastanza controverso, non esistono infatti delle regole ben precise; per alcuni scrittori si possono considerare flash fiction, storie che non superano le 300 parole, per altri invece le 1000 parole.
Naturalmente nel tempo, c'è chi è riuscito a scrivere racconti ancora più estremi, come Hemingway (solo 6 parole, proprio così, avete letto bene!), Gaiman, Baxter e anche Arthur C. Clarke.

Qui sotto vi lascio i miei preferiti, poche righe (già pubblicati in questo blog), vi assicuro che non affaticherete i vostri occhi!

Ernest Hemingway:
-"In vendita. Scarpe da bambino. Mai usate."

David Brin:
-"Collisione nel vuoto. Le orbite divergono. Addio, amore."

Stephen Baxter:
-"Big Bang. Nessun Dio. Dissolvenza. Fine."

Frederic Brown, titolo "Toc Toc", questo testo in particolare è un incipit dello stesso autore al racconto Knock. La frase viene molto spesso attribuita (erroneamente) a Stephen King che l'avrebbe citata in un'intervista giornalistica:
-"L'ultimo uomo sulla Terra sedeva da solo in una stanza. Qualcuno bussò alla porta."

Neil Gaiman:
-"Sono morto. Mi sei mancato. Bacio...?"

Arthur C. Clarke, titolo "siseneG", leggendo il titolo bifronte notiamo a chiare lettere Genesis:
-"E Dio disse: ELIMINA linee da Uno ad Aleph. CARICA. ESEGUI.
E l'Universo cessò di esistere. Poi ci rifletté per alcuni eoni, sospirò, e aggiunse: CANCELLA.
Non è mai esistito."