venerdì 6 ottobre 2017

La guerra è Dio

Il giudice spezzò lo stinco di un'antilope con il dorso di un'accetta e il midollo caldo sgocciolò fumante sulle pietre. Lo guardarono. L'argomento in discussione era la guerra.
La Bibbia dice che colui che vive di spada perirà di spada, disse il nero.
Il giudice sorrise, la faccia lucida di unto. Quale uomo giusto la penserebbe diversamente? disse.
In effetti la Bibbia considera la guerra un male, disse Irving. Eppure contiene molte storie sanguinose di guerra.
Ciò che gli uomini pensano della guerra non ha importanza, disse il giudice. La guerra perdura nel tempo. Tanto varrebbe chiedere agli uomini cosa pensano della pietra. La guerra c'è sempre stata. Prima che nascesse l'uomo, la guerra lo aspettava. Il mestiere per eccellenza attendeva il suo professionista per eccellenza. Così era e così sarà. Così e non diversamente.
Si voltò verso Brown, che aveva bisbigliato un'obiezione poco chiara. Ah, Davy, disse. E' proprio il tuo mestiere quello che onoriamo qui. Perché non fare piuttosto un piccolo inchino. Ciascuno abbia i dovuti riconoscimenti.
Il mio mestiere?
Certamente.
Qual è il mio mestiere?
La guerra. La guerra è il tuo mestiere. Non è così?
E non è il vostro?
Anche il mio. Non c'è dubbio.
E allora cosa c'entrano tutti quei quaderni e gli ossi e l'altra roba?
La guerra racchiude in sé tutti gli altri mestieri.
E' per questo che la guerra dura nel tempo?
No. Essa perdura perché i giovani la amano e i vecchi la amano nei giovani. Quelli che hanno combattuto e quelli che non hanno combattuto.
Questo lo dite voi.
Il giudice sorrise. Gli uomini sono nati per giocare. Nient'altro. Tutti i bambini sanno che il gioco è più nobile del lavoro. Sanno anche che il valore o merito di un gioco non sta nel gioco stesso, ma piuttosto nel valore di ciò che è messo in gioco. I giochi d'azzardo richiedono una posta per avere senso. I giochi sportivi coinvolgono l'abilità e la forza dei contendenti, e l'umiliazione della sconfitta e l'orgoglio della vittoria sono di per sé una posta sufficiente poiché pertengono al valore degli antagonisti e li definiscono. Ma, sia questione d'azzardo o di valore, tutti i giochi aspirano alla condizione di guerra, perché in essa la posta inghiotte gioco, giocatore, tutto quanto.
Supponiamo, continuò il giudice, che due uomini giochino a carte non avendo niente da puntare se non la vita. Chi non ha mai sentito una storia del genere? Una carta viene girata. Per il giocatore l'interno universo si riversa fragorosamente in quell'istante, che gli dirà se gli tocca di morire per mano di quell'uomo o se toccherà a quell'uomo morire per mano sua. Quale ratifica del valore di un uomo potrebbe essere più sicuro di questa? Spingere il gioco alla sua condizione estrema non ammette alcuna discussione concernente la nozione di fato. La selezione di un uomo a danno di un altro è una preferenza assoluta e irrevocabile, ed è davvero ottuso l'uomo che considera una decisione così profonda priva di un agente o di un significato. In giochi del genere, in cui la posta è l'annichilimento dello sconfitto, le decisioni sono del tutto trasparenti. L'uomo che tiene in mano una particolare combinazione di carte è in forza di ciò rimosso dall'esistenza. Tale è la natura della guerra, in cui la posta in gioco è a un tempo il gioco stesso e l'autorità e la giustificazione. Vista in questi termini, la guerra è la forma più attendibile di divinazione. E' la verifica della propria volontà e della volontà di un altro, all'interno di quella più ampia volontà che è costretta a compiere una selezione proprio perché li lega insieme. La guerra è il gioco per eccellenza perché la guerra è in ultima analisi un'effrazione dell'unità dell'esistenza. La guerra è dio.
Brown osservò il giudice. Voi siete pazzo, Holden. Decisamente pazzo.
Il giudice sorrise.
 
Meridiano di sangue, o rosso di sera nel West – Cormac Mccarthy, pag.255-256.